CAPITOLO I: LE ORIGINI

In una pubblicazione in lingua inglese, intitolata Brief history of Amato e diffusa in Nord America, si legge che Amato esisteva 600 anni prima della fondazione di Roma e sorgeva nelle vicinanze del fiume da cui prende il nome. Inoltre, si legge che in quel periodo fosse un centro industriale con una popolazione di oltre 20.000 abitanti e l’industria principale era quella tessile con circa 1300 telai in attività. Quella primordiale ma progredita città venne travolta e distrutta da un’inondazione e i superstiti si ritirarono sulle colline dell’altopiano dell’Amato e cominciarono a costruire un nuovo insediamento.

La località prescelta dai superstiti della Antica Città Inondata, per creare il nuovo insediamento, è da ritrovarsi nelle colline del Piano Amato, Lachi, Cutro, Ammendola e Andressi. L’intera zona venne poi denominata Umbri (zona in cui abitarono gli Umbri, cioè i “salvati dalle acque” che deriva dal latino imber, pioggia). L’esistenza della nuova città è attestata dai ruderi delle chiese di San Nicola e Sant’Andrea e di un castello, oltre ai ricordi tradizionali.

Altre testimonianze possono essere ricercate negli episodi di ritrovamento di antichi reperti da parte di alcuni contadini. Ne è esempio il ritrovamento di una croce e un calice rinvenuto tra i ruderi delle fondamenta della chiesa di Sant’Andrea intorno agli inizi del ‘900, ad opera di Giuseppe Romeo, mentre eseguiva alcuni lavori di scavo per la vigna; questi reperti andarono successivamente perduti. Un altro rinvenimento avvenne nella prima metà del ‘900 ad opera di Francesco Romeo e Pietro Pingitore, i quali scoprirono un’anforetta di terracotta piena di antichissime monete di oro e di argento, delle quali, però, furono derubati.

La città fondata dai “salvati dalle acque” ebbe vita difficile a causa della malaria e delle razzie compiute da briganti. Gli abitanti, per mettersi al sicuro, furono costretti ad abbandonarla e a rifugiarsi più a monte dove fondarono l’attuale Amato. Questa nuova cittadina sorse tra il IX e l’XI secolo, quando i Normanni si erano già affacciati nella piana del fiume, fortificandola con una rete di castelli, di cui uno sorse nel paese e tutt’oggi se ne possono osservare i resti.

CAPITOLO II: IL PERIODO FEUDALE

Nel 1100 circa venne dominato dal cugino di Costanza d’Altavilla e più tardi, dal 1444 al 1450, fu posseduto da Re Alfonso d’Aragona. Nel 1455, passò a Francesco Rodia tramite investitura del re. Poi nel 1464, successe a Francesco Rodia il fratello Paolo. Alla sua morte, gli successe la sorella Moisella che sposò Roberto Susanna, patrizio della città di Crotone, il quale ricevette in dote il feudo di Amato. Nel 1598, prese il potere il discendente diretto Fabrizio che, però, morì di lì a poco e per mancanza di discendenti maschi, gli successe la sorella Lucrezia. Quest’ultima sposò Ascanio Rocca di Catanzaro, con dote di baronia. Alla sua morte, gli successe il figlio Francesco che morì nel 1615. Nel 1627, il principe di Maida, Marcantonio Loffredo, acquistò il feudo amatese per 51.500 ducati.

Nello stesso anno, Amato fu venduto a Orazio Mottola, patrizio di Monteleone per la somma di 30.000 ducati. Questi la donò, nel 1662, al figlio primogenito Donato Antonio Mottola e ne costituì un “Maiorascato” (successione a favore dei primogeniti maschi e loro discendenti).

Negli anni successivi, Donato Antonio guadagnò il gran merito presso la Corte di Spagna e il titolo di Marchese di Amato, che gli venne concesso in riconoscimento dei servizi resi alla Corona nel 1675. Nel 1686, gli successe il suo figlio primogenito Orazio, che nel 1696 donò alla chiesa di Amato la campana “Amore” e altre due campane dedicate rispettivamente a San Giuseppe e alla Vergine Immacolata.

Morì nel 1721 e gli successe la figlia Teresa Felice, che per mettere in atto il “Maiorascato”, sposò suo cugino Marco Antonio Mottola ed ebbe con lui il figlio Francesco Antonio che, con decreto della Regia Corte della Vicaria, viene dichiarato erede universale del feudo di Amato. Ad egli successe il figlio Orazio Mottola che ottenne dal padre, il Marchesato di Amato e delle Baronie di Joppolo e Coccorino nel 1732.

CAPITOLO III: DALLA SECONDA META’ DELL’800 AI GIORNI NOSTRI

Dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, negli anni 1863-1864 il primo sindaco fu Francesco D’Amico. Tra i suoi successori vi furono Francesco Caligiuri (anni 1883-1887), Giacinto Graziano (anni 1893-1896), Raffaele Grande (anni 1896-1899), Francesco Fiorentino (1900-1902,1908-1914), cav. Francesco Caligiuri (1903-1907).

Nel 1916 l’allora sindaco di Amato, il prof. Raffaele Grande, fu sospeso da un’ordinanza prefettizia che portò alle sue dimissioni e alla conseguente nomina di primo cittadino di Alberto Mauro, il 31 agosto dello stesso anno. Egli riuscì a ristabilire l’ordine economico ed alimentare in seguito alla Prima Guerra Mondiale e grazie all’aiuto del fratello farmacista, Francesco Camillo Mauro, alleviaò la grave epidemia di spagnola, che tra il 1917 e il 1919 decimò la popolazione amatese.

Nelle elezioni del 1920 venne riconfermato sindaco, ma il ritorno dei reduci di guerra scatenò una crisi interna al comune. Infatti gli ex-combattenti richiedevano trattamenti di favore a scapito degli operai e dei contadini, i quali protestarono contro l’Amministrazione Comunale. Questa situazione fu risolta grazie all’invio del commissario prefettizio Cav. Anselmo Torchia di Miglierina, che riuscì a placare gli animi e a far svanire ogni contrasto nel 1922. Nel 1926 Alberto Mauro assunse la carica di podestà, fino all’arrivo del commissario prefettizio, Nicola Coronati, da Catanzaro, che fu inviato in seguito alla realizzazione di un memoriale in difesa di Amato contro il cosiddetto “Ordine rinnovatore”, che celava la volontà del governo fascista di aggregare il paese a quello di Miglierina.

Nel giugno 1928, il prefetto nominò commissario Raffaele Grande (ottobre 1928), che venne poi sostituito dal dott. Giuseppe Caligiuri (ottobre 1929). Quest’ultimo venne nominato a podestà nel maggio del 1930 e vi rimase fino a rassegnare le dimissioni nel 1937. Ne seguì l’arrivo del commissario prefettizio cav. Andrea Perrelli, che fu sostituito nel maggio 1938 dal sig. Francesco Torcia. Il successivo commissario, Bruno Chimirri, divenne infine podestà nel gennaio 1940.

Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943 egli fu nominato commissario prefettizio fino all’aprile del 1944, quando gli successe Serafino Graziano. In seguito il prefetto costituì un esecutivo nominando sindaco Luigi Fiorentino, fino alle elezioni amministrative del 10 marzo 1946, dopo le quali venne riconfermato dal consiglio comunale. Nel 1947 diede le dimissioni in seguito ad alcuni litigi tra consiglieri e venne eletto dal consiglio comunale il sindaco Saverio Lo Schiavo.

Nel 1950 i contrasti crebbero ulteriormente fino a portare anche alle sue dimissioni e al ritorno di Luigi Fiorentino in veste di commissario prefettizio fino al 1952. In quell’anno vinse le elezioni il prof. Francesco Lo Schiavo, che mantenne la carica fino al 1964 e fu seguito dal dr. Raffaele Grande (anni 1964-1970), ritornando sindaco fino al 1975, anno della vittoria di Giuseppe Masi.

Negli anni successivi (1985-2000) la carica di sindaco ha visto alternarsi quest’ultimo al dott. Giuseppe Calzone e a Giuseppe Lo Scerbo, per poi tornare ad essere rieletto nel 2009 e dopo cinque anni passare la guida all’attuale primo cittadino, Saverio Ruga, durante le elezioni del 2014, anche lui confermato nelle elezioni del 2019.

Alcune delle informazioni presenti in questa pagina web sono state raccolte da Fiorenzo Morello, volontario del Servizio Civile UNPLI per l’anno 2019/2020, nell’ambito del progetto regionale “Viaggio nella Cultura della Calabria”.

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Le immagini, le foto e i video presenti in questa pagina web sono state gentilmente fornite ed appartengono a Fabio La Manna.

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